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Our Flag Means Death – Season 2 – Neanche la minima imperfezione

Our Flag Means Death – Season 2 – Neanche la minima imperfezione

Non so spiegare a parole la gioia e il senso di serenità che mi ha dato la conclusione di ogni puntata di Our Flag Means Death. Era stato così anche con la prima stagione, ma con la seconda queste sensazioni si sono centuplicate.

Our Flag Means DeathPer me si potrebbero fare venti stagioni tutte così, tutte come questa seconda, piena di episodi in cui accadono avvenimenti a caso e intanto si parla dei sentimenti dei protagonisti.

Abbiamo visto cose del genere per anni e anni e anni nelle serie in cui le storie erano tutte eterosessuali, perché non dovrei desiderare anche la semplicità della vita di tutti i giorni in una storia gay?

Anzi in più storie, e non solo gay, ma di tutti i tipi.

Trovate tutte le declinazioni dell’amore in questa seconda stagione.

Che poi, vai a trovarla la semplicità in Our Flag Means Death.

Non c’è nulla di semplice in queste vite piene di avventure rocambolesche e assurdità di ogni genere.

Our Flag Means Death è avvincente SEMPRE.

Perché mentre si parla di sentimenti, si vivono storie che vanno dallo sbarco su un’isola che poi si rivela essere il purgatorio, alla ricerca del modo per trasmutarsi in un gabbiano.

Ne succedono di tutti i colori dell’arcobaleno.

E non c’è cosa più bella.

Questa stagione mi ha entusiasmato e attendevo ogni giovedì come mi accadeva di attendere trepidante solo i telefilm che seguivo da ragazzinǝ, negli anni ’90.

I creatori di questa serie sono riusciti a dare vita ad un universo in cui alla violenza dei pirati si contrappongono talmente tanto amore e tanta dolcezza che la violenza finisci per non vederla più.

O la prendi per ciò che è: l’aspetto comico della serie.

La comicità della serie viene fuori dalle scene in cui i pirati fanno i pirati.

Ma quando si deve dar voce ai sentimenti, al rispetto per il prossimo, all’inclusività, al massacro della mascolinità tossica, lì i protagonisti diventano terribilmente seri.

Come già spiegato mille volte per Hannibal, adoro le dinamiche tra Stede e Ed perché sono loro e loro soltanto.

Sono due personaggi che esistono in un mondo di fantasia, facessero quello che vogliono.

È logico che a trasportarlo nel mondo reale Ed non avrebbe redenzione e ci sarebbe solo da prenderlo a fucilate, ma qui in questo assurdo mondo di pirati strampalati sia Ed che Stede sono perfetti.

Ed è perfetto il modo in cui interagiscono e si lasciano spazio pur amandosi moltissimo.

Approvo il fatto che per ottenere la sua redenzione Ed è dovuto morire, proprio per mano delle persone che aveva ferito.

Certo, perché non c’era altro modo per perdonarlo.

In questo mondo poi lui è potuto tornare in vita e ha imparato anche qualcosa.

Beato lui.

Come dicevo ho amato la tenerezza contrapposta alla folle violenza.

I pirati di Our Flag Means Death possono sventrare o decapitare qualcuno così come intonare La Vie en Rose, in drag, e con voce da usignolo.

È davvero la serie più rincuorante che sia mai stata girata.

Grazie, grazie e grazie ancora.

È come se fosse stata girata apposta per me.

Ogni volta che finivo una puntata era come riguadagnare dieci anni di vita e tanta speranza per il futuro.

Pensavo sarebbe stato difficile creare una seconda stagione che fosse paragonabile alla prima per originalità e personaggi.

Invece questa seconda stagione è stata molto meglio sotto tantissimi aspetti.

E ancora più coraggiosa della prima.

Se c’è qualcosa che non manca ad Our Flag Means Death è il coraggio di dire e far vedere tutto ciò che gli passa per la testa, ma in questa seconda stagione questa caratteristica è esplosa.

È tutto estremo, tutto un’iperbole che sfocia nel divertente invece che nel disturbante.

Lo vedi da te che la violenza è esagerata apposta, perché così poi la dolcezza che le si contrappone è molto più d’impatto.

Quei due pirati capaci delle peggiori azioni sono meravigliosamente teneri tra loro.

Uno vede l’altro addirittura come una sirena, gli porta la colazione a letto, lo prende per mano e non vuole correre troppo e metterla subito sul fisico.

Come faccio a spiegare quanto mi riempie il cuore di gioia questa serie?

Purtroppo è sempre troppo breve, vola via rapida, ma ti lascia a fluttuare in quel mondo di casinisti e psicopatici in cui però pagherei per mettere piede anche solo una volta.

Perché quel grado di rispetto ed inclusione non l’ho mai visto da nessuna parte.

Ed è davvero così importante e se ne sente così la mancanza che se si trova solo in un mondo di pirati sanguinari beh, pazienza, andiamo a vivere coi pirati sanguinari.

Forse se gira loro male rischi una coltellata nello stomaco, ma di sicuro quando si litiga non insultano il colore della tua pelle, il tuo orientamento sessuale o la tua identità di genere.

Penso che, di fondo, sia quello lo scopo di Our Flag Means Death.

È una considerazione fatta anche per la prima stagione:

se è possibile inclusività, rispetto per tutti e convivenza in un mondo di pirati, ed ha così PERFETTAMENTE senso, forse bisognerebbe chiedersi come mai sia così difficile tra noi esseri umani di questo universo reale qui.

In più, questa seconda stagione di Our Flag Means Death mi dà la conferma che io amo le storie d’amore già in essere.

Il drama del conoscersi, confessarsi i sentimenti, prendersi, lasciarsi… Può andare bene per un po’, ma poi se dura troppo mi dà fastidio.

La prima stagione è durata il tempo giusto per comprendere che Stede e Ed si amano.

Temevo che questa seconda stagione si sarebbe rivelata un lungo, sofferto viaggio dei due alla ricerca l’uno dell’altro.

Per fortuna invece David Jenkins (e tutti quelli che hanno collaborato e scritto con lui) ha creato la storia perfetta.

Si capisce talmente bene che Ed e Stede si amano, e si amano veramente, che ciò che succede nel mezzo, anche se li separa, non mi dà fastidio.

Lo prendo come intrattenimento.

Che poi sono tutte esigenze di copione per creare una storia movimentata.

Ripeto che, per quanto mi riguarda, se facessero venti stagioni di Our Flag Means Death tutte come l’episodio sei di questa seconda sarei la persona più felice del mondo.

Non c’è un solo minuto di questa serie in cui ci si annoia o in cui si pensa che quanto si sta guardando sia stupido.

Gli sceneggiatori hanno lavorato su una linea immaginaria tra assurdità e realtà che fa sorridere, a volte fa sbellicare, ma non fa e non dice mai stronzate.

Perché i sentimenti e i temi trattati sono importantissimi e lo senti chiaramente, perfino nella commedia, che chi ne parla ne ha rispetto e che gli attori stessi sanno come portare questo rispetto sullo schermo.

 Non c’è paura in ciò che si vuole raccontare.

Succedono cose orribili.

E vorrei ben vedere, sono pirati.

Ma succedono anche cose dolcissime.

Perché il fatto che siano pirati e che siano (alcuni di loro) uomini non toglie loro la possibilità di piangere, essere teneri tra loro, confessarsi sentimenti, mettersi abiti femminili, truccarsi e diventare anche sirene.

Come dice Auntie, “Men are so fucking emotional.”

Eh, magari fosse vero, Auntie, magari fosse vero.

Beh, gli uomini di Our Flag Means Death lo sono e vincono su tutto.

L’arco redentivo di Blackbeard non è un arco redentivo, eppure funziona benissimo.

Non c’è redenzione per ciò che ha fatto Ed, eppure la ciurma lo riaccoglie.

E che modo hanno trovato per permettere questa sorta di redenzione impossibile?

Una morte, un salto nel purgatorio a comprendere i propri peccati e poi un ritorno alla vita con nuove consapevolezze su se stesso.

E a quel punto, dopo quest’evoluzione e questo viaggio dentro te stesso, chi ti ha punito può decidere se riaccoglierti oppure no.

Blackbeard viene riaccolto, sì, ma non prima di avergliela fatta pagare ancora un po’.

Poi è vero che lui è colpevolissimo, ma questo non toglie che ha subìto comunque la sua parte di torti.

Ho adorato quindi la rigidità di Blackbeard alla dichiarazione di Stede.

Rendeva perfettamente tutto il dolore provato durante l’abbandono.

Per me il dolore di Ed non era tanto visibile nelle cose orribili fatte durante l’assenza di Stede.

É diventato molto più palese proprio quando si sono rincontrati.

Rhys e Taika sono stati bravissimi.

La coralità di questa seconda stagione è stata spettacolare.

I due protagonisti sono interessanti, sì, ma guai se non ci fossero tutti gli altri.

OGNI SINGOLO personaggio, anche quello che si vede per pochi minuti, è trattato da protagonista.

Ad ogni finale di episodio pensavo fortemente che sarei volutǝ essere lì con loro.

É qualcosa che non mi capita con nessuna opera d’intrattenimento, di questi tempi.

In ogni cosa che guardo e leggo c’è sempre la pecca, c’è sempre quella cosa per cui non sono del tutto soddisfattǝ.

In Our Flag Means Death non trovo pecca e non trovo delusione.

Una menzione d’onore va senz’altro alla puntata del vestito maledetto, The Curse of the Seafaring Life.

Geniale per mostrare come qualsiasi avvenimento all’interno di quella ciurma viene affrontato da ognuno in modo diverso, ma poi si trova sempre il punto d’incontro per rendere tutti sereni e felici.

La vera definizione di famiglia.

Perfino Izzy si libera di tutte le sue restrizioni in mezzo a quella famiglia così variegata e che si ama così tanto. Speravo lo facesse e infatti non mi ha deluso nemmeno lui.

Anche i momenti di drama e di separazione sono fatti in modo che tu sai che non sarà quello il tema centrale di tutto, che i personaggi faranno altro e poi, mentre faranno altro, così per caso avverrà la riconciliazione.

E per me quello è il modo migliore di raccontare i litigi amorosi, se proprio devono esserci.

Sono sempre più innamoratǝ di questi personaggi, di questo mondo e di questa storia, ma soprattutto di questo modo di narrare.

Se questa dovesse essere la stagione conclusiva, ciò che mi auguro col cuore è che questi scrittori e David Jenkins abbiano sempre più possibilità di parlare, creare e finalmente riempire l’intrattenimento di tanta speranza per il futuro.

E GRAZIE ancora.

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Scrivo da quando ho preso in mano una penna per la prima volta. All’epoca mi limitavo a ricopiare le lettere che vedevo, poi col tempo ho imparato a metterle insieme per comporre parole e da lì in avanti è stata tutta una discesa nel pozzo senza fondo della mia immaginazione e della mia logorrea.
Qui ne troverete svariati esempi.
Amo l’intrattenimento ma sostengo a gran voce i numerosi, necessari, abissali cambiamenti che deve fare per diventare un intrattenimento giusto per tutti.
Serie tv di cui potrei parlare per i secoli a venire: Hannibal, Our Flag Means Death, The Sandman…
Film della mia vita: Predestination, Big Fish, Donnie Darko, Men & Chicken…
I MIEI Videogiochi: Death Stranding, The Last of Us Part II, Little Nightmares.

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